mercoledì 24 giugno 2015

Recensione del film "GUNMAN" ***SPOILER***

- Gunman, tesoro mio… Come ti ha ridotto questo mondo…
- Lo so.
- Dovevano chiamarti “I bicipiti di Sean Penn”, altro che Gunman.
- Lo so, lo so... Non infierire. È uno dei generi che adesso spingono di più…
- Pare di sì… Star degli anni Ottanta e Novanta che assumono un personal trainer, si mettono a dieta ferrea e ricominciano a fare film d’azione.
È stato Sylvester Stallone a cominciare, no? Nel 2006 ha fatto “Rocky Balboa”, poi “John Rambo”, poi “I Mercenari”, in cui va in giro con una Harley Davidson e si fa tatuare. E voilà, lo starter kit per attore in crisi di mezza età è servito.




- Hai scordato gli addominali gonfi e le dita artritiche. Che ti posso dire? Il format funziona: alla gente piace vedere attori di trent’anni fa che sparano e fanno a botte. Gli sventoli davanti un Arnold Schwarzenegger o un Bruce Willis imbolsiti e spelacchiati e loro pagano il biglietto.
- Vero, vero. Il cinema va dove va il mercato, non ci si può far niente. Ma almeno Stallone e Schwarzenegger la buttano un po’ in ridere, sanno prendersi alla leggera. Lian Neeson ha cominciato con “Taken”, ma almeno lui evita di esibire muscoli lucidi e, in generale, è credibile.
Perchè allora Sean Penn sente il bisogno di sbattermi in faccia i bicipiti ogni tre minuti? 











Ok, abbiamo capito, è in forma. Il tempo non ha lasciato segni su di lui. È scolpito nella roccia. Ma cristo, Se volevo vedere dei bicipiti andavo a vedere “Magic Mike”, no?
- Sai chi ha diretto “Taken”? Pierre Morel, che è anche il mio regista… Lo stesso che ha diretto anche "Banlieu 13". Quando si tratta di fare film d’azione, Pierre Morel è uno che non sbaglia. Il mio problema è che Sean Penn è anche il mio produttore. Cristo, quel nanerottolo narcisista mi ha proprio rovinato…
- Come ha detto Jackie Lang, ha voluto mescolare troppe cose insieme. La tematica sociale, la storia d’amore, la malattia del protagonista.... Sono tutte cose che distolgono l’attenzione. E poi, Gunman, la scena del surf
- E che ti devo dire… Vuoi chiedermi se c’era davvero bisogno di mostrare Sean Penn che esce dall’acqua saltellando con la tavola sottobraccio? Se è una scena funzionale alla trama?
A volte mi sembra quasi di essere rimasto agli anni ‘80, in cui c’era sempre la sequenza in cui il protagonista del film d’azione veniva esibito dal primo dei bicipiti all’ultimo degli addominali.
Vogliamo parlare del finale, in cui il cattivo e il buono si scontrano in un’arena durante la corrida? E il cattivo muore infilzato dal toro? Ma dai, neanche quando Roger Moore faceva 007…




- Eggià. Purtroppo, se ti tolgo le scene d’azione, la tua trama è quella di un Harmony. Però le tue scene d’azione non sono male, bisogna dirlo.
- Ti ringrazio, ma quelle le trovi tra un paio di mesi su Youtube. Il problema è che Sean Penn sembra convinto che il semplice fatto di essere Sean Penn faccia di lui un ottimo attore ed un gran cineasta, ma il suo Jim Terrier ha lo spessore di una sottiletta.
- Lui è veramente un grande attore. E non mi spiego come faccia uno che ha fatto “Mi chiamo Sam”, “Mystic River” e “Milk” a sputtanarsi così. Mi dispiace anche per Javier Bardem, che non ha avuto molto materiale su cui lavorare ma è riuscito a tirarne fuori un personaggio credibile. Peccato che poi il suo personaggio venga bellamente liquidato a metà film dopo una scena madre a dir poco improbabile. E lo stesso vale per Jasmine Trinca, che fa del suo meglio ma è relegata nello stereotipo della “donzella in difficoltà”.
- Dovrei avere il doppio delle scene d’azione e la metà di tutto il resto…
- E Sean Penn dovrebbe evitare di denudarsi ogni cinque minuti… Vabbè, dai, niente drammi. Mettiti a dormire.
- E domani?
- Domani ti presento una mia amica che va pazza per "Mystic River"… Magari a lei piacerai.

mercoledì 17 giugno 2015

Recensione del film "YOUTH - LA GIOVINEZZA"

- Sai, Youth… Un po’ mi dispiace.
- Ti dispiace di cosa?
- Eh… diciamo che… insomma, non mi hai convinto del tutto. A tratti ti ho trovato noioso e insipido. Anche un po’ arrogante
- Cosa?
- Ma non è colpa tua. Davvero. Sei il film che Sorrentino ha fatto appena dopo che ha vinto l’Oscar. È normale che tu sia… problematico.
- Stai dicendo che non ti sono piaciuto?
- Eh, la questione è complessa. In effetti, sei un bel film, c’è poco da fare…
- Ah, ecco.
- Però no, non mi sei piaciuto.
- …
- …
- Sarà bene che ti spieghi.
- Ok, ok. Facciamo finta che Sorrentino sia un regista esordiente.





- Cosa?
- Sì, un esordiente, o poco più. Uno che ha diretto qualche corto, un film autoprodotto che è andato sorprendentemente bene, e poi sei arrivato tu. Se fossi il film di un esordiente, si parlarebbe di te come di un film di eleganza sopraffina, con una fotografia arguta e fortemente narrativa. Si parlerebbe di Sorrentino come di un regista di grande talento, forse appena un po’ troppo presuntuoso, ma a cui manca poco per diventare uno dei grandi.
- Quindi, siccome Sorrentino è un regista navigato e pluri-premiato, io sono un film scadente?
- Youth, che posso dirti… sarebbe bello che un film venisse giudicato solo in base alla propria qualità. Invece devi confrontarti con le aspettative del pubblico, con il film che il regista ha diretto prima di fare te, con il clima generale.
- Diciamola tutta, allora: il cinema italiano raramente perdona ai propri registi il successo internazionale.
- Forse anche quello, Youth. Ma anche dimenticandosi di tutto il resto, qualche difettuccio ce l’hai.
- Dai, dimmi anche tu che ho un debito con Fellini…





- No, non direi. Va bene, al tuo regista piace Fellini, forse si è ispirato ad “8 e ½” per alcuni dettagli, ma non lo si può mica biasimare per questo. Obiettivamente, sono pochi i registi che non hanno debiti con Fellini.
- È quello che dico anch'io...
- Però, Youth, la trama non mi ha convinto. O meglio, non mi ha convinto il fatto che soggetto e sceneggiatura venissero posti in secondo piano rispetto alle immagini.
E bisogna darti atto che, da vedere, sei veramente uno spettacolo. Paolo Sorrentino e Luca Bigazzi, insieme, sono degli artisti dello sguardo, dei narratori dell’immagine: le tue inquadrature sono dotate di un’eloquenza potentissima, tanto che da sole basterebbero a raccontare una storia. Dio, la scena della tempesta a Venezia è definitiva…
- Oh, grazie, troppo gentile...
- E forse il problema è questo. Il tuo problema sono le parole. Quando racconti per immagini funzioni alla perfezione. Quando invece racconti con le parole non sei sempre efficace. Il soggetto, già di per sè, è abbastanza instabile. Si parla di due anziani, un regista ed un compositore entrambi famosi ed affermati, che devono venire a patti con il proprio passato e con i propri demoni. Apparentemente, il percorso che porta alla consapevolezza è costellato da immagini oniriche, personaggi surreali e donne anziane con i seni cadenti esposti, spesso senza alcun legame con l’intreccio.
- Ma è ovvio, carina. Tutti questi elementi non sono legati all’intreccio ma concorrono a creare un affresco di suggestioni, ad evocare un’arabesco estraniante…
- No, vecchio. Concorrono ad incensare l’ego di Sorrentino, che è bravo, sì, ma non tanto quanto crede lui. E poi, scusami, ma non basta far vedere un paio di tette cadenti per poter estraniare il pubblico, dai. Alla fine dei conti, ti ritrovi ad essere un susseguirsi di scenette ad effetto, sicuramente ben riprese e ben dirette, ma senza un significato organico e coerente.
- Insomma, sarei un film egocentrico?
- Sei un film di un regista che è effettivamente molto bravo, ma che per darne prova ha messo la storia in secondo piano.
- La storia non è tutto, carina.
- È vero. “Mad Max - Fury Road” ne è la prova perfetta. Ma una storia non può essere sacrificata all’ego del regista. Perchè ricordati, carino, che il pubblico va al cinema a guardare il film, non a celebrare il talento di Sorrentino.
E se credi che io mi sbaglio, è meglio che non leggi le recensioni di Goffredo Gofi e di Francesca d’Ettorre, che proprio non le mandano a dire.
- Dicano quello che vogliono. La sceneggiatura scorre, o no?
- Certo, la sceneggiatura scorre perchè il cast è composto da attori che saprebbero far scorrere anche una lista della spesa






Harvey Keitel e Michael Caine (che, in sostanza, sostituisce Toni Servillo) sono una garanzia. Rachel Weisz si è presa una pausa l’anno scorso, ma quest’anno è in “The Lobster” che a Cannes è piaciuto a tutti. E non parliamo di Paul Dano, che si sta dimostrando un attore estremamente versatile e continua a non sbagliare un colpo.
Immagina che film potevi essere, Youth, se ad una regia stilisticamente impeccabile e ad un cast stellare si aggiungeva una sceneggiatura discreta. Potevi essere una fustigata sulle gengive a tutti quelli che, come dici giustamente, non hanno perdonato il successo a Sorrentino.
- Sì, sarebbe stato bello… - Invece verrai ricordato come il filmetto carino che Sorrentino ha fatto dopo "La Grande Bellezza".
- Vabbè, poteva andarmi peggio. Se non altro, come dici, sono un film molto bello... È quello che m'importa, in fondo. Spengo la luce?
- Sì, è meglio...

martedì 9 giugno 2015

Recensione del film "MAD MAX: FURY ROAD"

- Amore, mi dici cosa succede? Ti vedo… perplesso. Non ti sono piaciuta?
- Ma certo che mi sei piaciuta, Mad Max. Se un film notevole, ho passato dei bei momenti con te. Solo…
- Solo cosa?
- Ci sono delle cose che non mi spiego… Hai avuto successo. Tantissimo. Le recensioni parlano di te come uno dei migliori film d’azione del decennio, forse uno dei migliori in generale. I critici fanno a gara ad osannarti, i botteghini strisciano ai tuoi piedi.
Ed è vero. Ad istinto, capisco bene che sei un film particolare, audace. Solo… non ti offendere, ma non capisco bene perchè. 
Qual è la cosa che ti distingue dagli altri film? Cos’è che farebbe di te uno dei film migliori degli ultimi anni?
- Capisco… Non è molto lusinghiero, ma capisco.
- Non te la prendere, su… Guarda, visivamente sei spettacolare, una gioia per gli occhi quasi costante. Fotografia e montaggio sono impeccabili, e l’uso dei colori è azzeccatissimo: il rosso fiamma del deserto, il viola della notte, bianco dei Figli di Guerra... Dai l’impressione di un racconto epico ambientato in un mondo quasi fiabesco.





- Quindi sarei una specie di “Orlando Furioso”.
- Più o meno. A te non interessa raccontare una storia, men che meno le vicende dei personaggi. Anzi, i caratteri dei personaggi sono appena accennati, tanto da essere quasi archetipici.
- Sì, è vero. Però gli attori fanno comunque la loro bella figura, no?
- Esatto, Mad Max. Dei personaggi così evanescenti richiedevano per forza degli attori formidabili. Charlize Theron è una forza della natura, ormai lo sappiamo… Molte recensioni dicono che il suo ruolo è più importante di quello del protagonista.
- Beh, non saprei… Tom Hardy non si fa certo offuscare.
- No, anche secondo me. Anzi, riesce ad inquadrare alla perfezione il personaggio: un ex-poliziotto sull’orlo della follia che ha cauterizzato i propri sentimenti, ormai è a stento capace di comunicare con il suo prossimo. Non cede a eccessi di pathos, non tenta di rubare la scena.
- Quindi sono visivamente incantevole e i miei attori sono superlativi. Non basta questo a fare di me un ottimo film?
- Sì, ma tu sei qualcosa di più di un ottimo film, no?
- Mmm… Va bene, adulatore. Ti ascolto.
- Si diceva della tua trama, no? È praticamente inesistente. Sei un inseguimento avanti e indietro nel deserto su gipponi e camion super-pimpati, nulla di più.
- Oh, lo so. Lo hanno detto tutti, tesoro. Niente trame intricate, niente colpi di scena. Puro e semplice action.




- Già. Penso che questo, in parte, sia il motivo del tuo successo. Sei un action movie di purezza totale. Ogni tuo secondo pone l'attenzione al movimento, al rombo del motore, alla fiammata del fucile. Il realismo non è un tuo problema, la verosimiglianza men che meno… 
Eppure, sei un monolite di coerenza interna. Stabilisci delle regole e le rispetti fino in fondo. E di questi tempi, al cinema, la coerenza è una merce rara.
- Quindi non sono un film verosimile ma va bene così?
- Esatto, tesoro mio. Ti puoi permettere di non essere verosimile. Ma c’è dell’altro, secondo me.
- Ah, sì?
- Eggià. Perchè sei un remake. L’ennesimo remake, in un periodo della storia del cinema commerciale che verrà ricordato probabilmente come una lunga e sfibrante carestia delle idee.
Ma tu, Mad Max, non sei un remake convenzionale. Non devi modernizzare ad ogni costo, non hai bisogno di sbatterci in faccia effettoni speciali nè di affliggerci con introspezioni psicologiche che spiegano le pulsioni oscure del protagonista.
Perchè il tuo regista è sempre lo stesso, ed al buon George Miller non frega niente di psicologia e modernità. Ha preso l’idea del 1979 e l’ha ricreata con i mezzi e gli attori del 2014, mantenendo intatto il feticismo per motori e spallacci di pelle e la carica dirompente e innovativa che ha portato il primo Mad Max ad influenzare l’immaginario collettivo per decenni. Più che raccontare una storia, gli interessa delineare un’umanità post-apocalittica, un ritorno dell’uomo ad uno stato primordiale e la conseguente nascita di nuove filosofie e culti religiosi.
- E la chitarra che spara fiamme?




- Una tamarrata solenne che è già stata canonizzata e che grida a squarciagola “non me ne frega niente di essere chic e brillante, non me ne frega di essere moderno.”
Eppure, Mad Max, rifiutando il moderno riesci a reinventarlo.
- Non c’è bisogno di tanti discorsi, ho già deciso che ti concedo un secondo giro…
- Io invece comincio a pensare che tu sei riuscita in qualche modo a catturare lo spirito del tempo, Mad Max: ignorante, essenziale, piacevole alla vista e lieve al cervello. Al tempo dei remake, tu potresti essere il remake per eccellenza.
Ora non resta che vedere come i tuoi sequel riusciranno a sbugiardare il tutto…
- Oh, tesoro… Non mi farai la solita tirata contro la campagna marketing, vero?

- Ma no, il marketing va bene, fa parte del divertimento. Tu, per esempio, sei stata preceduta da un trailer geniale e da una campagna mediatica di altissimo profilo. E l’hype va bene, se alla fine uno si trova con un film come te.
Però diciamocelo, Mad Max. Ci sono tre sequel in programma: un passo falso sarà inevitabile.
- Ho capito, hai ragione. Adesso stai zitto e vieni qua, prima che cambi idea sul secondo giro...

mercoledì 3 giugno 2015

Recensione del film "Fury" ***SPOILER***

***SPOILER***


- Fury…
- Non c’è bisogno di dire niente, piccola. Lo so….
- Cosa?
- Ti sono piaciuto da morire.
- Cosa?
- Tranquilla, lo so… Sono epico, eroico, evocativo. Ti ho messo davanti alla cruda realtà della guerra. Niente finzioni, niente storielle. Psicologia di guerra, punto e basta.
- Psicologia di guerra? 
Fury, fermiamoci un istante. Partiamo da una cosa semplice: perchè per tutto il film Logan Lerman non fa che essere preso a sberle?
- Non capisco…
- Logan Lerman interpreta il soldato Norman, giusto? Il classico soldatino di primo pelo che ha ribrezzo per la guerra e che, guarda un po’, non ha un addestramento da combattente ma da dattilografo… Come il soldato Upham ne “Salvate il soldato Ryan”. 
Ecco, perchè Logan Lerman non fa che prendersi sberle dai suoi commilitoni per tutto il film?





- Ma è ovvio, no? Il soldato Norman rappresenta l’innocenza, l’ingenuità dei non-guerrieri. Per renderlo forte e permettergli di sopravvivere alla guerra, i suoi compagni devono andarci pesante.
- Eh, no. Qui non si parla di “andarci pesante”, i suoi compagni non gli stanno insegnando niente. Logan Lerman non fa che venire insultato e malmenato per tutta la tua durata. Sei fondamentalmente una gara a chi schiaffeggia di più Logan Lerman, giocata su un campo di testosterone.
Guardare quel povero ragazzo che viene sbattuto come un tappeto non è piacevole e non fa pensare alla durezza della guerra. Casomai, fa pensare ad un regista che cerca di coprire con brutalità eccessiva la pochezza dei propri argomenti.




- Tesoro, non sai quello che dici. Il mio regista è David Ayer, uno con le palle: ha voluto spingere gli attori fino al limite. Ha espressamente richiesto che fossero verbalmente e fisicamente aggressivi uno con l’altro. Questo è il cinema!
- Questa è pornografia. Un film non può affidarsi solo all’eccesso di realismo.
- Ah! Però quando Spielberg in “Salvate il soldato Ryan” fa vedere soldati che si reggono gli intestini e teste che esplodono, quella non è pornografia!
- Tesoro, David Ayer non è Steven Spielberg. E “Salvate il soldato Ryan” può permettersi di esibire intestini e teste esplose perchè tutto intorno c’è una regia che non sbaglia un colpo, una sceneggiatura possente ed un cast di un altro livello. Il tuo cast è fatto di gente convinta che per recitare bene sia necessario non lavarsi.




- E secondo te Brad Pitt non sarebbe un attore di alto livello?
- Quando si prende troppo sul serio, Brad Pitt non funziona. Il suo Aldo Raine in “Bastardi senza gloria” è carico di umorismo ed è spettacolare. Con te invece ha finito per ricadere nel cliché del “sergente di ferro con corpo e anima segnati da un passato tenebroso”.
Ti concedo che la scena nella casa delle due donne è gradevole, però devi spiegarmi perchè una ragazza tedesca dovrebbe sentire l’impulso irrefrenabile di portarsi a letto uno dei soldati che le hanno appena invaso la casa. È realismo, questo?




- …
- Ma si diceva dei personaggi, giusto? Oltre al sergente di ferro abbiamo il soldato che cita la Bibbia ogni tre per due, il soldato cattivo e psicopatico che però sotto sotto vuole bene ai suoi compagni ed il soldato messicano. Giusto perchè metterci un nero era troppo scontato.
E vogliamo parlare del tuo finale, Fury? I cinque soldati americani che affrontano i trecento soldati tedeschi in una resistenza eroica e disperata? Non è che possa sapere di già visto?
- Puoi dire quello che ti pare, baby. A chi se ne intende sono piaciuto: questo mi importa.
- A molti, ma non a tutti: quelli di Ondacinema la pensano come me.
E adesso levati dalle scatole, Fury. Se lo chiamo subito, forse Salvate il soldato Ryan è ancora in giro. Vediamo se riesco a salvare la nottata…