- Sai, Youth… Un po’ mi dispiace.
- Ti dispiace di cosa?
- Eh… diciamo che… insomma, non mi hai convinto del tutto. A tratti ti ho trovato noioso e insipido. Anche un po’ arrogante…
- Cosa?
- Ma non è colpa tua. Davvero. Sei il film che Sorrentino ha fatto appena dopo che ha vinto l’Oscar. È normale che tu sia… problematico.
- Stai dicendo che non ti sono piaciuto?
- Eh, la questione è complessa. In effetti, sei un bel film, c’è poco da fare…
- Ah, ecco.
- Però no, non mi sei piaciuto.
- …
- …
- Sarà bene che ti spieghi.
- Cosa?
- Sì, un esordiente, o poco più. Uno che ha diretto qualche corto, un film autoprodotto che è andato sorprendentemente bene, e poi sei arrivato tu. Se fossi il film di un esordiente, si parlarebbe di te come di un film di eleganza sopraffina, con una fotografia arguta e fortemente narrativa. Si parlerebbe di Sorrentino come di un regista di grande talento, forse appena un po’ troppo presuntuoso, ma a cui manca poco per diventare uno dei grandi.
- Quindi, siccome Sorrentino è un regista navigato e pluri-premiato, io sono un film scadente?
- Youth, che posso dirti… sarebbe bello che un film venisse giudicato solo in base alla propria qualità. Invece devi confrontarti con le aspettative del pubblico, con il film che il regista ha diretto prima di fare te, con il clima generale.
- Diciamola tutta, allora: il cinema italiano raramente perdona ai propri registi il successo internazionale.
- Forse anche quello, Youth. Ma anche dimenticandosi di tutto il resto, qualche difettuccio ce l’hai.
- No, non direi. Va bene, al tuo regista piace Fellini, forse si è ispirato ad “8 e ½” per alcuni dettagli, ma non lo si può mica biasimare per questo. Obiettivamente, sono pochi i registi che non hanno debiti con Fellini.
- È quello che dico anch'io...
- Però, Youth, la trama non mi ha convinto. O meglio, non mi ha convinto il fatto che soggetto e sceneggiatura venissero posti in secondo piano rispetto alle immagini.
E bisogna darti atto che, da vedere, sei veramente uno spettacolo. Paolo Sorrentino e Luca Bigazzi, insieme, sono degli artisti dello sguardo, dei narratori dell’immagine: le tue inquadrature sono dotate di un’eloquenza potentissima, tanto che da sole basterebbero a raccontare una storia. Dio, la scena della tempesta a Venezia è definitiva…
- Oh, grazie, troppo gentile...
- E forse il problema è questo. Il tuo problema sono le parole. Quando racconti per immagini funzioni alla perfezione. Quando invece racconti con le parole non sei sempre efficace. Il soggetto, già di per sè, è abbastanza instabile. Si parla di due anziani, un regista ed un compositore entrambi famosi ed affermati, che devono venire a patti con il proprio passato e con i propri demoni. Apparentemente, il percorso che porta alla consapevolezza è costellato da immagini oniriche, personaggi surreali e donne anziane con i seni cadenti esposti, spesso senza alcun legame con l’intreccio.
- Ma è ovvio, carina. Tutti questi elementi non sono legati all’intreccio ma concorrono a creare un affresco di suggestioni, ad evocare un’arabesco estraniante…
- No, vecchio. Concorrono ad incensare l’ego di Sorrentino, che è bravo, sì, ma non tanto quanto crede lui. E poi, scusami, ma non basta far vedere un paio di tette cadenti per poter estraniare il pubblico, dai. Alla fine dei conti, ti ritrovi ad essere un susseguirsi di scenette ad effetto, sicuramente ben riprese e ben dirette, ma senza un significato organico e coerente.
- Insomma, sarei un film egocentrico?
- Sei un film di un regista che è effettivamente molto bravo, ma che per darne prova ha messo la storia in secondo piano.
- La storia non è tutto, carina.
- È vero. “Mad Max - Fury Road” ne è la prova perfetta. Ma una storia non può essere sacrificata all’ego del regista. Perchè ricordati, carino, che il pubblico va al cinema a guardare il film, non a celebrare il talento di Sorrentino.
E se credi che io mi sbaglio, è meglio che non leggi le recensioni di Goffredo Gofi e di Francesca d’Ettorre, che proprio non le mandano a dire.
- Dicano quello che vogliono. La sceneggiatura scorre, o no?
- Certo, la sceneggiatura scorre perchè il cast è composto da attori che saprebbero far scorrere anche una lista della spesa.
Harvey Keitel e Michael Caine (che, in sostanza, sostituisce Toni Servillo) sono una garanzia. Rachel Weisz si è presa una pausa l’anno scorso, ma quest’anno è in “The Lobster” che a Cannes è piaciuto a tutti. E non parliamo di Paul Dano, che si sta dimostrando un attore estremamente versatile e continua a non sbagliare un colpo.
Harvey Keitel e Michael Caine (che, in sostanza, sostituisce Toni Servillo) sono una garanzia. Rachel Weisz si è presa una pausa l’anno scorso, ma quest’anno è in “The Lobster” che a Cannes è piaciuto a tutti. E non parliamo di Paul Dano, che si sta dimostrando un attore estremamente versatile e continua a non sbagliare un colpo.
Immagina che film potevi essere, Youth, se ad una regia stilisticamente impeccabile e ad un cast stellare si aggiungeva una sceneggiatura discreta. Potevi essere una fustigata sulle gengive a tutti quelli che, come dici giustamente, non hanno perdonato il successo a Sorrentino.
- Sì, sarebbe stato bello…
- Invece verrai ricordato come il filmetto carino che Sorrentino ha fatto dopo "La Grande Bellezza". - Vabbè, poteva andarmi peggio. Se non altro, come dici, sono un film molto bello... È quello che m'importa, in fondo. Spengo la luce?
- Sì, è meglio...
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