giovedì 30 aprile 2015

Recensione del film "THE GAMBLER"


- Allora, tesoro... Che mi dici? Non male, no?
- Non male?
- Andiamo, ammettilo: ti sei divertito. Sono un film profondo, contemporaneo, audace. Rispecchio le contraddizioni dell'uomo di oggi, diviso tra desiderio di felicità e impulsi autodistruttivi...
- Fermati là, dolcezza. Prima di tutto, sei sicura che vuoi parlare di questo?
- Cosa? Come sarebbe?
- The Gambler, piccola: potrebbe non piacerti dove andremo a finire...





- Ma, tesoro... hai visto la regia? La sceneggiatura? Il cast?
- La regia non è male, te lo concedo. Anche la fotografia, niente male. Rupert Wyatt, giusto? Il tizio che ha diretto anche un film della saga "Planet of the Apes". Ha dato spazio agli attori, alle sfumature... Con te ha fatto vedere che è ambizioso e che possiamo aspettarci qualcosa di buono. Chissà, magari un film noir.
- E che mi dici dello script, dei dialoghi?
- I dialoghi sono parte del problema.
- COSA? Ma come osi? La sceneggiatura è brillante, potente, sferzante.
- Dolcezza, fai un bel respiro e rilassati. I dialoghi sono parte del problema. Il personaggio principale, Jim Bennett, è un insegnante universitario di letteratura inglese, cinico e dannato, con il vizio del gioco: se ogni volta che apre bocca ne escono brillanti motti di spirito e battute colte, mi può andare bene. Mi può andare bene se la protagonista femminile, studentessa di letteratura che si innamora dell'insegnante cinico e dannato, risponde anche lei con brillanti motti di spirito e battute colte.
Ma se anche la madre del protagonista, un gangster nero, uno strozzino obeso e fino all'ultimo tirapiedi dei suddetti non fanno che sciorinare brillanti motti di spirito e battute colte, tu, dolcezza, perdi un po' di credibilità.
- Ma tu non...
- Ferma, non ho finito. Per quanto fuori luogo e pretenziosa, una sceneggiatura brillante non rende brutto un film. Il problema è un altro. 
Posso accettare John Goodman nei panni dello strozzino. Anzi, John Goodman è il miglior attore del film, sebbene assomigli sempre di più al corpo sgonfio di una balena morta.
Posso accettare anche Jessica Lange nel ruolo della ricca madre del protagonista che gli presta i soldi per pagare gli strozzini. Peccato che il rapporto del figlio con la madre rimanga superficiale ed irrisolto, buttato là alla buona.
- Beh, ma che significa... Io sono il remake del film omonimo, uscito nel 1974. Secondo alcuni, riprendo temi e suggestioni de “Il giocatore” di Dostojevsky. E hai il coraggio di lamentarti? 





- Piccola, lascia stare Dostojevskj, non credo proprio che sia il caso di scomodarlo. Mi lamento perché non sei male, ma potevi essere una piccola perla. Un film di quelli che si conquistano il proprio posto, senza una maledetta campagna mediatica alle spalle. Solo qualità, prestazione, intelligenza.
- Quindi non sono male ma non sono una perla, va bene. La sceneggiatura è passabile, il cast è di alto profilo. Dimmi, allora: qual è il problema?
- Il problema è Mark Whalberg, al quale qualche genio ha avuto l'idea di dare la parte del protagonista. 




- Ti ricordo che Mark Whalberg ha un curriculum di tutto rispetto. Hai presente "Boogie Nights"? Hai presente "The Fighter"?
- In "Boogie Nights" interpreta un ragazzino prestante che diventa una star del porno, in "The Fighter" è un pugile dei bassifondi. Ho presente anche "Three Kings", in cui interpreta un soldato durante la guerra del Golfo, e "The Departed", forse il suo ruolo migliore, in cui è un poliziotto duro e sboccato.
Non fraintendermi, Mark Whalberg non mi dispiace. È partito dal basso, negli anni Novanta era una teen star senza un minimo di credibilità, poi si è fatto il mazzo ed è riuscito a diventare un attore decente.
E adesso dimmi, The Gambler: qual è la differenza tra un attore decente ad un attore completo?
- Mark Whalberg è un attore completo! Ha studiato, si è preparato, si è sottoposto a cambiamenti di peso importanti per entrare nel ruolo...
- Un attore completo, dicevo, è in grado di interpretare qualsiasi ruolo. Dove lo metti, riesce ad essere credibile, a ritrarre un personaggio dai tratti definiti e originali che il pubblico riesce a cogliere. Mark Whalberg è un caro ragazzo, ma se gli fai fare qualcosa di diverso dal poliziotto/soldato/ragazzo semplice dal cuore d'oro perde ogni verosimiglianza. Non puoi fargli fare un insegnante di letteratura inglese, non puoi fargli recitare battute colte e brillanti.
- Ti sbagli, ti sbagli di grosso. Mark Whalberg non è al suo meglio, d'accordo, ma non per questo sono un film da buttare.
- Ma certo che no, dolcezza, non sei da buttare. Sono stato bene con te, sul serio. Ma potevo stare meglio, capisci? Una giovane critica di nome Letizia Rogolino la pensa più o meno come me.
Poteva bastare scegliere un altro attore. Un attore meno conosciuto, magari, uno dei tanti esordienti capaci che Hollywood ha da offrire.
È stato scelto Mark Whalberg, anche se non c'entra nulla con il personaggio, perché è un nome che vende. E tu, anziché essere una perla, se un'occasione mancata.
Se può consolarti, sei in buona compagnia.
- Sei proprio uno stronzo...
- Ti avevo avvisato, dolcezza. Visto che ti alzi, mi prepari un caffè, per favore?
- Vai al diavolo.
- Bollente e senza zucchero. Grazie, dolcezza.

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